La storia, raccontata dal Vasari, non risponde certo alla domanda, ma illustra il momento in cui i pittori rinascimentali si fissano sull'iconografia del martire, che non era né giovane né atletico, ma un corpulento capitano di mezza età della Guardia Pretoriana, condannato a morte dall'imperatore Diocleziano per aver tentato di convertire i romani al cristianesimo. Le sue mani legate sopra la testa a un albero, la sua carne trafitta, i suoi occhi lacrimanti che guardano verso il cielo, ci sembra di vedere i suoi ultimi istanti.
Però il punto è che non muore. La sua storia continua. Quando le donne cristiane andarono a salvarlo, lo trovarono vivo e lo curarono fino a quando non si ristabilì. Poi tornò dal suo torturatore per rimproverargli il suo paganesimo. Per nulla commosso dalla sua tenacia, l'imperatore ordinò la sua lapidazione e il corpo fu gettato nella Cloaca Maxima di Roma.
Tuttavia, in un'Europa devastata dalla peste nera, la morte di San Sebastiano è stata meno interessante della sua esperienza di superstite del martirio, e la sua immagine è stata venerata in molte chiese come santo patrono.
Ma quando è passato dalle stampe religiose alle copertine delle riviste gay? Un pioniere dell'erotizzazione del martire fu Oscar Wilde che, nel 1877, dopo aver visto Il martirio di San Sebastiano di Guido Reni a Palazzo Rosso a Genova, lo descrisse in un sonetto come "un affascinante ragazzo bruno con i capelli freschi e le labbra rosse". Nel suo saggio 'Losing his religion, lo scrittore Richard A. Kaye situa la trasformazione di San Sebastiano in un'icona della cultura omosessuale alla fine del XIX secolo. "I gay hanno visto subito in Sebastiano un toccante annuncio per il desiderio omosessuale ( di fatto, un ideale omoerotico) e un tipico ritratto di un uomo in represso e torturato".Una fotografia di questo stesso dipinto di Reni (il pittore barocco gliene dedicò ben sette) è quella che, come rivela lo scrittore giapponese Yukio Mishima nelle Confessioni di una maschera, provocò la sua prima eiaculazione e lo iniziò alla sua "cattiva abitudine" alla masturbazione. Molti anni dopo, si sarebbe fotografato come San Sebastiano, nel cui martirio vedeva il piacere erotico del dolore.
E alla vigilia di un'altra peste, in questo caso l'AIDS, Derek Jarman gli dedicò il suo primo lungometraggio, Sebastiane. Susan Sontag ci ha dato una lucida osservazione: il suo viso non registra agonia fisica, la sua bellezza e il suo dolore sono eternamente divisi l'uno dall'altro.
FONTE: https://www.revistazero.es/por-que-san-sebastian-es-un-icono-gay/
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